Per raggiungere gli obiettivi posti dall’UE per il perseguimento della neutralità climatica, non si può non ammettere quanto possa contribuire la costruzione di edifici a più alta efficienza energetica, se consideriamo che il 36% delle emissioni di gas serra e il 40% del consumo energetico nell’Unione deriva appunto da questi. Inoltre, i benefici derivanti dalla riqualificazione energetica delle infrastrutture non sarebbero solo ambientali ma soprattutto economici e sociali. Al momento i progetti di ristrutturazione vanno a rilento, con un aumento dell’1% all’anno. Qui entra in gioco la direttiva: l’energy performance of buildings directive (EPBD) ha due obiettivi complementari: accelerare la riqualificazione energetica degli edifici esistenti entro il 2050 e incentivare la modernizzazione di tutti gli edifici, con tecnologie smart e mirando alla mobilità sostenibile. Altrettanto importante è creare una tavola rotonda per le decisioni di investimento, permettendo a imprese e consumatori di compiere scelte consapevoli per un maggiore risparmio energetico e una significativa riduzione dei costi.
L’EPBD ha lo scopo principale di impegnare gli Stati Membri nell’adozione di strategie di riqualificazione energetica a lungo termine, stabilendo dei requisiti minimi per le prestazioni degli edifici, lasciando agli Stati Membri la facoltà di scegliere i tempi e i modi di attuazione. La riforma più recente alla direttiva, risale al 2018 e ha visto l’inclusione di disposizioni sulla riqualificazione edilizia a lungo termine. Nel 2019 la Commissione ha lavorato ad un’ulteriore riforma nel contesto del FITFOR55, per adottare una proposta legislativa in merito. La riforma ha introdotto obblighi più ampi e ha indicato nuovi settori su cui lavorare. La novità più grande sta nell’obbligo per gli Stati Membri di chiarire le loro strategie, di come intendano supportare il rinnovamento dei parchi immobiliari nazionali in edifici ad alta efficienza energetica e “decarbonizzarli” entro il 2050.
